venerdì 31 dicembre 2010

Cosa resterà di quest'"anno zero"? I migliori film del 2010


Augurando a tutti voi un FELICE ANNO NUOVO, vogliamo anche presentare la classifica dei film migliori del 2010.

Mercoledì scorso abbiamo chiuso il sondaggio riguardante proprio questo tema e basta scorrere il blog per vedere quali sono stati i risultati: ha vinto Il segreto dei suoi occhi, seguito a parimerito da Inception e Toy Story 3.

Quale sarà il nostro personale countdown (immancabile per un 31 dicembre che si rispetti)?

10- The Road

9- Tra le nuvole

8- Il profeta

7- Il padre dei miei figli

6- Buried

5- Toy Story 3

4- Wall Street – Il denaro non dorme mai

Il podio: quale sarà l’imperdibile?





3- Inception












2- Lourdes












1- Il segreto dei suoi occhi







Ed ecco a voi una chicca dal film:

mercoledì 29 dicembre 2010

Forse ritrovata la "camera d'ambra" grazie ad una "mappa del tesoro"


Il tedesco Andreas Uckert sostiene di aver trovato una mappa del tesoro. E il tesoro sarebbe la leggendaria “camera d’ambra”, regalata nel 1716 da Federico Guglielmo I re di Prussia allo zar Pietro il Grande e poi rubata e nascosta dai soldati nazisti. Valore 150 milioni di euro circa.

«È una vita che vado alla caccia di vecchi documenti – ha dichiarato all’Austrian Times –. Ho trovato la mappa in una bancarella di Berlino lo scorso 17 giugno. Sulla mappa vi sono un’aquila e una svastica. Mettere in vendita simboli nazisti è un reato, in Germania. Forse per questo il venditore me l’ha ceduta per pochi soldi e in fretta. Osservandola meglio mi sono accorto delle scritte nascoste che ho potuto leggere con una torcia elettrica».

Che gran culo, diciamo noi! Anche solo per l’emozione che (sempre che la notizia sia vera) deve aver provato. Fatto sta che avere in mano un pezzo di carta non vuol dire niente. Uckert, infatti, sta cercando un mecenate che paghi le spese delle ricerche. Tanto è vero che il giornale austriaco mette anche il suo numero di telefono. Eccolo: +49 3306 204 7198.

Vi invitiamo a chiamarlo e a fargli qualche scherzo. Sì, perché uno che va in cerca di un mecenate che lo freghi all’ultimo momento se lo merita! Se invece lo volete battere sul tempo, ecco a voi la zona in cui cercare: Fulda, centro della Germania, in almeno tre bunker sotterranei. Lo so, è un po’ vago. Ma vuoi mettere poter sussurrare almeno una volta nella vita: «Il mio tesssoro».

(Fonte della notizia: Corriere della Sera)

Risultato del sondaggio "Qual è il miglior film del 2010?"

Il nostro oscar per il miglior film del 2010 va a Il segreto dei suoi occhi, che ha ottenuto la maggioranza dei voti con queste percentuali:

Il segreto dei suoi occhi 27%

Inception, Toy Story 3 18%

Tra le nuvole, Lourdes, Il profeta, Wall Street - Il denaro non dorme mai 9%

Il padre dei miei figli, Buried e The Road non hanno ottenuto nessun voto.

lunedì 27 dicembre 2010

Novità da Blockbuster. Cosa vedere e cosa no

Da vedere

Somewhere
di Sofia Coppola con Stephen Dorff e Elle Fanning
***

La quarta opera di Sofia Coppola non è un capolavoro, avendo due pregi e almeno un difetto. I punti a favore del film sono: il tema affrontato e la tecnica registica. Nel primo caso bisogna ammettere che si deve avere coraggio e bravura per riuscire a raccontare efficacemente la vita di una star del cinema. Coraggio perché il tema narrato è amletico (chi è un attore se non i personaggi che ha interpretato? A fronte di questo, è ancora possibile per lui essere sé stesso?). Bravura perché la Coppola ci riesce, ma con riserva. È a questo punto che subentra il difetto, ovvero il modo in cui tratta il tema. Perché ricorre ad artifici retorici visti e rivisti come l’addio strappalacrime tra il protagonista e la figlia, la telefonata del protagonista alla ex moglie o compagna con ostentata crisi d’identità e cliché vari ed eventuali? I dubbi vengono però bilanciati dalla tecnica registica, asciutta e intrigante. Alla regista infatti non manca il dono della sintesi (già ampiamente dimostrato con Lost in Translation). Una sintesi capace di aggiungere, e non di togliere, funzionale ad una efficace narrazione della quotidianità e dei suoi paradossi. Si potrebbe dunque accostare il suo stile registico a quello letterario di Moravia. Ma stiamo ancora aspettando l’opera della maturità, quella senza difetti.


Da evitare

I mercenari (The Expendables)
di Sylvester Stallone con Sylvester Stallone, Jason Statham, Jet Li
*1/2

Americanata. Ovvero muscoli, macchine truccate, Harley Davidson, sparatorie e machismo (talmente ostentato da dare adito a dubbi sull’eterosessualità dei personaggi). Per tutte queste virtù, tra poco lo vedremo riproposto allo sfinimento sulle reti Mediaset (Italia1?). La faccia di Stallone è già passata alla storia. È talmente rifatta che sembra quella di una bambola di porcellana (ma con il labbro storto). Ha anche gli zigomi rossi!
P.s. Per la rubrica “Un tuffo nel passato”: i fondali, nelle scene di volo e nei viaggi in macchina, sono giustapposti; le esplosioni finte.

venerdì 24 dicembre 2010

Sfondata quota 10.000 visite! Grazie a tutti

Oggi è un giorno speciale. Per due motivi. Il primo: il nostro blog ha sfondato il muro delle 10.000 visualizzazioni. Il secondo: è la vigilia di Natale. Un motivo ci sarà dietro questa coincidenza. In tutti i modi, bando alle ciance. Con questo post vogliamo ringraziare tutti i nostri visitatori, abituali e non, in perfetto stile "immagine-allo-specchio".

E allora, grazie a tutti voi in stile lynciano (beh, più o meno):


Augurandovi, inoltre, di passare un felice Natale!
Il che non vuol dire che lo dobbiate passare bukowskianamente come quello qui sotto.
O forse sì?

giovedì 23 dicembre 2010

Cosa (non) resterà di quest’"anno zero"? I film peggiori del 2010


Si avvicina la fine dell’anno e per molti questo è tempo di classifiche. E allora conformiamoci, facciamole anche noi.

Ecco, per iniziare, i peggiori film del 2010 (ovvero usciti in Italia dopo l’1 gennaio 2010 e rigorosamente visti, e talvolta recensiti, per voi).




7- Fuori controllo




Il podio: verso la palma del più brutto film dell’anno!








And the winner is...

1- A Serbian Film

martedì 21 dicembre 2010

Vota il miglior film del 2010!


Assegna il tuo "oscar" personale. Vota quello che ritieni essere il miglior film del 2010. Lo puoi fare nella colonna di destra, in alto. Puoi scegliere tra dieci opere:
- Tra le nuvole;
- Il padre dei miei figli;
- Buried;
- The Road;
- Il segreto dei suoi occhi;
- Inception;
- Toy Story 3;
- Lourdes;
- Wall Street - Il denaro non dorme mai;
- Il profeta.

lunedì 20 dicembre 2010

Libri&Libri: note, recensioni, appunti...



Nella sezione Libri&Libri: note, recensioni, appunti... è stata aggiunta la scheda relativa a Dalla parte di Swann, primo dei sette libri di cui si compone À la recherche du temps perdu, il capolavoro di Marcel Proust.

venerdì 17 dicembre 2010

Novità da Blockbuster. Cosa vedere e cosa no

Da vedere

Il padre dei miei figli
di Mia Hansen-Løve con Chiara Caselli, Louis Do-de Lancquesaing, Alice de Lancquesaing
***1/2

La storia, opera prima dell’ottima Mia Hansen-Løve, parla del tragico declino del produttore cinematografico Grègoire Canvel e della reazione della sua famiglia. Soprattutto della sua figlia più grande. Il film può sembrare acerbo, ma non è così. La regista sceglie infatti di raccontare nel modo più oggettivo l’elaborazione di un lutto famigliare, senza mai enfatizzarlo, sempre conscia che l’“uomo” non è mai totalmente buono né mai totalmente cattivo, mai interamente virtuoso né mai pienamente incapace. È il caso di dire (in merito al film e ai contenuti che veicola): domani è un altro giorno.


Nightmare (A Nightmare On Elm Street)
di Samuel Bayer con Jackie Earle Haley, Katie Cassidy, Rooney Mara
**

Seguito della fortunatissima saga a cui aveva dato il la Wes Craven nel 1984 con Nightmare – Dal profondo della notte. Ma in questo caso risulta evidente che non basta un guanto munito di lame e un maglione a strisce orizzontali rosse e verde scuro per fare un film su Freddy e per essere Freddy. Freddy può essere interpretato solo da Robert Englund, che lo è nelle movenze, nella fisicità, nel volto. Jackie Earle Haley non è Freddy. Numerosi i riferimenti ai capitoli precedenti, anche se questo film si vuole porre come final-prequel, ovvero ha la malcelata velleità di far vedere perché Freddy diventa l’“incubo” e al contempo si vuole porre come un pout pourri di tutto ciò che è avvenuto in precedenza. Nonostante questo l’opera resiste e si lascia vedere dall’inizio alla fine, anche grazie all’abbondante uso di sangue e alla voglia che avevamo di vedere ancora una volta Freddy in azione.

giovedì 16 dicembre 2010

Scontri a Roma: le violenze della polizia



Grazie a alberto cane blog per la segnalazione

venerdì 10 dicembre 2010

Emergenza rifiuti: le due settimane scadono oggi

Era il 26 novembre quando, durante una conferenza stampa riportata da tutti i quotidiani nazionali, il nostro premier Berlusconi indicava scadenze precise per la soluzione del problema rifiuti a Napoli:

Se mi doveste fare una domanda e dirmi in quanti giorni Napoli potrà tornare al normale smaltimento dei rifiuti, io vi dico che in meno di due settimane si può fare.

Promessa reiterata successivamente in varie altre occasioni.

Bene, le due settimane di tolleranza scadono oggi, venerdì 10 dicembre e la situazione com’è?
Il Mattino di ieri rendeva noto che sulle strade di Napoli gravano ancora oltre 1800 tonnellate di immondizia, la situazione sanitaria sta diventando sempre più insostenibile e la cittadinanza è impegnata in manifestazioni e proteste violente.

Che regalo vuoi per Natale?
Un bel sacco di spazzatura.

giovedì 9 dicembre 2010

Question time: The Smiths

Ieri, durante la tradizionale sessione di interpellanze parlamentari dedicate al tema della riforma scolastica, la parlamentare laburista Kerry McCarthy e il premier conservatore David Cameron hanno avuto un singolare scambio di battute in merito agli Smiths, uno dei gruppi rock britannici più popolari degli anni Ottanta.

Già da tempo era noto l’apprezzamento di Cameron per la band inglese la quale, da parte sua, ne ha preso le distanze. Circa una settimana fa, infatti, il chitarrista Johnny Marr ha intimato sul proprio Twitter: David Cameron, smetti di dire che ti piacciono gli Smiths, non è vero. Ti vieto che ti piacciano.
E quattro giorni dopo gli ha fatto eco l’altro leader del gruppo, Morrissey, pubblicando on-line una lettera contro il premier, in cui prendeva di mira soprattutto la sua passione per la caccia e le sue proposte politiche in difesa dei cacciatori (uno dei più famosi dischi degli Smiths, Meat is murder, era dedicato proprio alla battaglia contro l’alimentazione carnivora).

Per questo durante il question time di ieri la deputata Kerry McCarthy, riferendosi al voto di oggi sulle rette degli studenti, ha detto:

Dato che dice di essere un così grande fan degli Smiths, il primo ministro sarà sicuramente dispiaciuto che sia Morrissey sia Johnny Marr gli abbiano proibito di apprezzarli. Gli Smiths, è evidente, sono una band vicina alle tematiche studentesche. Se lei dovessi vincere il voto di domani, quale canzone pensa ascolteranno gli studenti? "Miserable Lie", "I Don’t Owe You Anything" o "Heaven Knows I’m Miserable Now" (tradotto: "Bugia patetica", "Non ti devo nulla" o "Lo sa il cielo quanto sono triste")?

La risposta di Cameron:

Immagino che se mi facessi vedere dagli studenti non mi canterebbero "This charming man" ("Quest'uomo affascinante"), e se ci andassi con il ministro degli esteri (William Hague) probabilmente sarebbe "William, it was really nothing" ("William, non era davvero niente").

Risultato: risate e applausi scroscianti, tanto da costringere lo speaker della Camera a ripristinare l'ordine in una seduta, come il question time, tradizionalmente rumorosa.

That's all folks.

mercoledì 8 dicembre 2010

AnnoZero VS Alfa Romeo MiTo


Vedo che sul sito del «Corriere della Sera» un articolo porta questo titolo: MiTo denigrata. Fiat chiede i danni ad AnnoZero. Ci penso un po’ ed esclamo: «È  giusto!».

Nell’ultima puntata della trasmissione condotta da Michele Santoro, infatti, è andato in onda un servizio che aveva la finalità di comparare tre automobili: l’Alfa Romeo MiTo, la Citroen DS3 THP e la Mini Cooper S.
Come è stato eseguito tale confronto? Semplicemente facendo “correre” su un circuito le tre auto per vedere quale arrivava prima al traguardo. (Per la cronaca l’Alfa è arrivata ultima).
A fronte di questo la Fiat farebbe bene a dare una bella stangata legale all’ideatore del servizio e alla trasmissione che lo ha mandato in onda. Per due motivi:
1) Il messaggio che è passato è che le auto vengono vendute per fare le gare;
2) Non sono stati presi in considerazione valori oggettivi come stabilità e tempo di frenata, sospensioni, abitabilità, consumi, sicurezza ecc.

Per concludere: quello che gli sventurati come me hanno visto era un servizio di serie Z, un servizio da giornalista incompetente. Sarebbe meglio che chi lo ha pensato si metta a fare un altro mestiere.

Il suo intento era quello di dimostrare la cattiva qualità dei prodotti Fiat? Bastava chiedere informazioni al sottoscritto. In soli tre anni ho praticamente cambiato ogni pezzo della mia macchina, una Lancia Y del ’97 (modello vecchio per intenderci): cruscotto colloso, sospensioni scariche, fili ossidati e/o rotti, tubi di plastica secchi e crepati e chi più ne ha più ne metta. Per dimostrare che la Fiat fa prodotti scadenti non serve una prova su pista, basta chiedere.

domenica 5 dicembre 2010

Wet Opinions & Fundamentals - Gyula Noesy

Un momento di Wet Opinions
(Foto di Gabriella Gallo)

Wet Opinions & Fundamentals: delirio narcisistico

Le luci si abbassano. Gyula Noesy – al secolo Giulio Nesi, toscano residente a Berlino – attende impaziente che il pubblico occupi la tribuna allestita nella sala Est di Lenz Teatro per presentare Wet Opinions, uno degli ultimi appuntamenti della quindicesima edizione di Natura Dèi Teatri. È vestito bizzarramente. Ricorda quelle ragazzine giapponesi che si vogliono ribellare alla tradizione: canottiera rosa dalla quale spuntano i peli del petto villoso, gonna nera con inserti di pizzo, collant in tinta strappati, ginocchiere gialle con testa d’elefantino, sneakers Adidas nere. Con un cenno del capo invita il tecnico, che cura luci e video, a diminuire ulteriormente l’intensità dell’illuminazione. Poco dopo, sul muro di fronte al pubblico viene proiettato il volto registrato dello stesso Gyula. Intanto Gyula, quello reale, osserva di sottecchi il suo alter ego impugnando un microfono. Si mette dunque a saltellare come un pugile pronto allo scontro e, improvvisamente, inizia aurlare come un indemoniato contro quell’immagine virtuale. Quest’ultima gli risponde allo stesso modo. Le urla si rincorrono diventando un baccano indistinto. Silenzio. Ancora strilli e suoni gutturali. Schermata blu. Problema tecnico.
Dopo qualche attimo di smarrimento, Gyula riprende a latrare contro il suo avatar. Un filo di bava bianca gli penzola dal labbro inferiore. Stanco, si siede sulle ginocchia di due spettatori della prima fila. Quindi, si alza per carezzare la parete in corrispondenza del naso del volto proiettato. E ancora fa piccoli saltelli sul posto. Rutta. Aspetta che l’immagine cominci a urlare, e urla anch’egli. Nel farlo si flette sulle gambe. (Sono urla ancestrali o il suo è un tributo alla tradizione dell’alternative metal statunitense alla Slipknot?). Silenzio.
Dal microfono e dalla registrazione escono parole indistinte, incomprensibili. Le casse inondano l’ambiente di una mitragliata di suoni assordanti. Silenzio. Gyula si gira verso il pubblico, si piega sulle ginocchia e comincia a mettere a dura prova la sua gola, più precisamente le sue corde vocali. Suoni gutturali e alito fetido escono dalla bocca. «L’acqua. Bevi l’acqua di tanto in tanto. Inumidisci le corde vocali se vuoi durare», gli suggerisce il volto. La sollecitazione sulle corde vocali intanto continua. «Il miele. Ciuccia un po’ di miele. Fa bene. Fa bene». Seguendo il consiglio, lecca un po’ di miele dal coperchio di un barattolo che ha appena aperto. I due riti si ripetono una seconda volta. Intanto il volto lo guarda, ci guarda, si perde. Gyula si infila due dita in gola al fine di vomitare. Non ci riesce.
Sconfitto, ascolta l’altro sé che lo invita a "bruciare i grassi". Lui saltella e canta un rap che recita così: «Brucia i grassi! Brucia i grassi!». Ed è qui che prosegue il suo personale delirio: aggira la tribuna del pubblico, salta e prende a spallate i muri della sala e l’impalcatura della tribuna, si butta a terra contorcendosi. Infine, lancia il barattolo del miele contro la proiezione del suo volto. Che svanisce. Fine della prima parte.
Gyula intraprende ora un monologo sui grandi temi della vita e della morte: «Dentro siamo puzzolenti. Pieni di succhi. Questi mi ispirano la decomposizione futura». Successivamente si dirige verso una telecamera digitale e si mette a osservare il pubblico, che si vede proiettato nel riquadro sul muro che prima era stato occupato dal volto. «La pelle mi piace. La mia, la vostra. Soprattutto la vostra. Ma non posso averla». Scorre quindi i vari volti dei presenti. Ne sceglie uno, di uomo, e ne accarezza i tratti. Ne sceglie un secondo, di ragazza. Mentre simula una fellatio compie il gesto di inserirsi un dito nell’ano. Si sofferma sull’ultimo, maschile, e lo irride strofinandogli contro il sedere. Pubblico impassibile. Il performer decide di non continuare e invita tutti a dirigersi nella stanza a fianco, dove viene proiettata una sua opera video, ultima parte della performance.
Fundamentals, unico piano sequenza della durata di quarantacinque minuti, propone primi piani di piedi callosi, caviglie, talloni secchi, polpacci e un pene maltrattato. Rigorosamente di Gyula.

giovedì 2 dicembre 2010

Pubblicità politically uncorrect


Un certo clamore è stato suscitato dallo spot della Nivea in cui un malizioso Seedorf rispondeva al tecnico Allegri – in atto di illustrare i rudimenti del calcio – con una fin troppo esplicita battuta a sfondo sessuale.

Pubblicità sessiste erano però la norma sino a pochi decenni fa, come dimostrato dalla raccolta delle 48 pubblicità che non sarebbero mai permesse ai giorni nostri (questo poi è tutto da vedere), pubblicata dal sito Owni.eu.

Le donne sono rappresentate come inette, piagnucolose, iperindecise, dedite esclusivamente al marito e alle faccende domestiche. Lo slogan di una marca di vitamine recita “Più duramente [la donna] lavora (in casa, si intende) e più bella appare”, quella di un sigaro “Soffiale in faccia e ti seguirà ovunque” (!), la Kenwood promette che un suo elettrodomestico fa di tutto tranne che cucinare, ma “per quello ci sono le mogli”, mentre un’altra pubblicità si chiede addirittura se è sempre illegale uccidere una donna.

Ma non è finita qui, perché mentre bambini pubblicizzano note marche di sigarette o vengono avvolti nel cellophan, persone di colore sono invitate a…lavarsi con una determinata saponetta.

mercoledì 1 dicembre 2010

Come si cambia (omaggio a Mario Monicelli e al cinema)

Era il 14 dicembre 1977 e Mario Monicelli discuteva di cinema con Nanni Moretti nella famosa trasmissione Match, arbitrata da Alberto Arbasino.

Attenzione a tre fattori:
1) Nella televisione italiana si parlava di cinema!
2) Questa puntata, all'epoca considerata come una "litigata", non è altro che un appassionato ma sereno scambio di vedute;
3) La trasmissione era moderata nientepopodimeno che dallo scrittore Alberto Arbasino.

Match Monicelli-Moretti prima parte



Monicelli dichiarò (da vero maestro e signore) che in questa circostanza non volle fare la "parte del barone", perché era giusto lasciare il ventiquattrenne Moretti dar fiato alla propria passioneAnni dopo, però, tenne a ribadire che «Moretti si era trasformato proprio in un barone».

Match Monicelli-Moretti seconda parte

martedì 30 novembre 2010

Libri&Libri: note, recensioni, appunti...

Nella sezione Libri&Libri: note, recensioni, appunti... è stata aggiunta la scheda relativa a The Prophet's hair (Il capello del profeta), breve e affascinante racconto di Salman Rushdie in cui si narrano le drammatiche disavventure che hanno come protagonista una famiglia del Cashmere, dopo che il padre Hashim ritrova per caso una reliquia contenente un capello di Maometto, la quale era stata rubata poco prima e poi abbandonata.
Il testo, che si sviluppa come una sorta di parabola religiosa, ha come bersaglio polemico il fanatismo religioso, colpito attraverso lucido e tagliente sarcasmo.


sabato 27 novembre 2010

Attivisti! live @ Circolo Zerbini di Parma


Un uragano (ebbro) si è abbattuto su Parma nella notte di giovedì 25 novembre. Ma non ha scelto il centro o la periferia della città. Tra lo stupore generale ha deciso di occupare le stanze del circolo Zerbini di borgo Santa Caterina, concentrandosi prevalentemente nella zona antistante il bancone del bar. Quell’uragano (ebbro) è stato subito ribattezzato Attivisti!

Sono le ventitré circa e 7i (al secolo Setti) è il primo a dirigersi verso la zona adibita a palco. È alto, imponente, risponde in modo pacato a tutti quelli che lo interpellano. Imbraccia una chitarra nera, che porta un segnale che invita a fare attenzione ai panda, e si posiziona al centro della scena. Intanto S.TE (Sante), alla sua sinistra, accorda un basso color marrone. Indossa delle All-Star completamente nere, pantaloni e giacca a tre bottoni dello stesso colore. Da quest’ultima fa capolino il colletto maltrattato di una camicia candida, tenuto insieme da un’improbabile cravattina rosa a pois grigi. BR1 (Bruno) è già seduto sullo sgabello della batteria: è compatto e fiero (petto… e pancia in fuori). I suoi capelli sono arruffati, gli occhi cotti dall’alcool, le braccia spuntano dalle maniche arrotolate di una camicia bianca. Infine P.R. LOVE (ovvero Capitan Prana), sassofonista che sembra appena uscito da Love Boat con quel suo cappello da capitano e quella giacca impreziosita da uno stemma di carta disegnato a mano e appuntato in posizione del taschino.

Sono tutti in posizione. Sante si avvicina dunque al microfono. «Noi di Modena speriamo che la nostra città possa diventare in un prossimo futuro un luogo d’attrazione. Forse, un giorno, con lo scioglimento delle calotte polari, ci ritroveremo tutti a Modena Beach!». Ottima  introduzione. Mentre il pubblico applaude, le note cominciano ad uscire dagli amplificatori indistinte, penetranti. Il volume è veramente troppo alto. Poi però, quasi come in un delirio estatico, la melodia prende corpo. La voce di Sante è flebile, ma incisiva. «Modena beach già ti vedo bagnata dal mare/ Modena beach sei il mio ideale, il più balneare». Nota dopo nota il pubblico comincia a prendere confidenza con lo stile Attivisti!: c’è chi annuisce, chi sorride, chi saltella, chi riflette. Chi era distratto comincia ad interessarsi alla performance. E fa bene, dato che la canzone seguente è Piero Angela. Ora canta Setti. È sicuro di sé, sempre conscio di quello che dice. «Piero mi dolgo e mi pento/ per sbaglio ho guardato la Macchina del Tempo/ È vero che sono un coglione/ una volta ho guardato Cecchi Paone». Risate. L’allucinazione prende corpo e si estende grazie a Betty, canzone che parla di colei che «beve birra coi [suoi] gatti, e questo proprio non si fa», impreziosita dal sax sempre puntuale di Capitan Prana. Meno precisa risulta invece Attivisti in da auz, il loro cavallo di battaglia, che diventa un mix tra garage rock e rap anche a causa dell’assenza di ^ff, il secondo chitarrista. Sifilide? Gonorrea? Epatite? Purtroppo per lui niente di tutto questo. Solo una banale influenza. È l’ora di una pausa. Il volume è troppo alto e i timpani degli astanti rischiano di lacerarsi. A dire la verità il break non serve a questo. Il fatto è che mancano l’asta ed il microfono per Bruno, che ora dovrà vestire i panni del cantante. Niente paura, gli Attivisti! sono abituati a fronteggiare ben altri problemi (ad esempio favorire il ciclo riproduttivo dei panda travestendosi da panda femmina per raccogliere il seme maschile). Prana si spersonalizza togliendosi il cappello e, a guisa di valletta, soccorre l’amico reggendogli il microfono. Subito dopo le parole cominciano a rincorrere la batteria, e la batteria a seguire le parole, sempre più stanche, sempre più strascicate. «Andavo ai cento all’ora perché guidava Sante/ Andavo ai cento all’ora saluta la volante» (Autovelox). Il pubblico è in delirio e dopo aver assimilato il ritornello – «Ti ho fottuto perché ho rubato l’autovelox, l’autovelox» – non perde l’occasione per urlarlo a squarciagola alla prima occasione. Finita la canzone, l’ovazione è unanime. Tutti vorrebbero avere un autovelox a portata di mano per portarselo via. Il pubblico chiede il bis ma gli Attivisti!, confermandosi come gruppo magnanimo e accondiscendente nei confronti dei propri supporters, optano per un altro pezzo. Manca un chitarrista, è vero. Tuttavia chitarra, sax e batteria sono sufficienti. E il basso? Chissene. Setti, che ha ceduto la chitarra a Sante, afferra un rullante e comincia a scandire il tempo. Il Capitano pompa con il sax una melodia perfetta, ipnotica e, mentre Sante ripercorre il testo di Non si esce fiki dagli anni 80, Bruno "violenta" la batteria come se fosse la prima volta. «Che sballamento l’atmosfera è proprio mitico sto bar/ Con gli Attivisti in concerto che strimpellano da urlo». Parole profetiche. Il gruppo ha finito e ora si gode i suoi meritati applausi.

C’è chi chiede e chi si chiede: ma gli Attivisti! che genere di musica fanno? Provo a dare una risposta. Gli Attivisti! sono uguali solo a loro stessi, ed è questa la loro forza

venerdì 26 novembre 2010

Novità da Blockbuster. Cosa vedere e cosa no


Da vedere

Bright Star
di Jane Champion con Abbie Cornish, Ben Whishaw
***
Una storia d’amore è un gorgheggio a due voci, tanto imperfetto quanto soave. Così è per il poeta romantico John Keats e Fanny Brawne. Quale dolcezza/ quale delicatezza nella loro/ storia d’amore. Quale poesia!

Diary Of The Dead – Le cronache dei morti viventi
di George A. Romero
**1/2
Il quinto capitolo della saga degli Zombie – ideata nel 1968 con La notte dei morti viventi – si inserisce nel filone delle opere post 11 settembre. Più precisamente è una allegoria dell’informazione in tempo di catastrofe: il cittadino diventa reporter e si cura solo di immettere in rete informazioni sempre più recenti e sempre più scioccanti per fare contatti. La telecamera del protagonista, quindi, non si ferma davanti a niente. Sta sempre a guardare per non perdere la possibilità di immortalare un’esclusiva, uno scoop. Gli strumenti per documentare la realtà sono i più disparati: telecamere professionali, piccole digitali, telefoni cellulari, circuiti di sorveglianza, videocamere integrate a portatili, ecc. Non tutti i supporti per la riproduzione delle immagini resistono però all’impatto dei morti viventi. Le televisioni sono le prime a saltare, mentre internet diventa un macabro contenitore di raccapriccianti documenti. Nonostante questo, il reporter sente l’esigenza di dover raccontare, a tutti i costi. Anche a costo di non intervenire e di vedere gli amici morire sotto l’occhio della sua telecamera. Romero si chiede e ci chiede: ha più umanità l’uomo o lo zombie?

Bocciato

Giustizia privata
di F. Gary Gray con Gerard Butler e Jamie Foxx
**
Solitamente le buone opere si caratterizzano per avere un inizio, uno svolgimento e una fine. Questa ha solo il primo e l’ultima (inizio: ca. 1h e 15min di aspettative; fine: ca. 20min di delusione). Dello svolgimento non c’è traccia. E dire che il film di Gary Gray parte nel migliore dei modi, parlando di un marito e padre che si vuole vendicare non solo di coloro che lo hanno reso un uomo solo e disperato, ma anche di quelli che non gli hanno assicurato giustizia. Dopo dieci anni di silenzio, Clyde Sheldon (Gerard Butler) comincia a lasciare dietro di sé una lunga scia di delitti dettati dalla voglia di farsi giustizia da solo. Qualcosa però non torna al procuratore Nick Rice (Jamie Foxx): come fa un uomo solo, per di più carcerato, a controllare i suoi bersagli e ad ucciderli senza sbagliare un colpo? Lo spettatore, arrivati a questo punto, è legittimato ad immaginarsi qualsiasi cosa. Il problema è che la sua immaginazione supererà di gran lunga quella di sceneggiatori e regista! Semplicemente, Sheldon si serve di un tunnel per uscire e rientrare quando vuole dalla cella d’isolamento. Pensate che vi abbia svelato il coup de theatre del film? Sì, l’ho fatto. Peccato che è un colpo di scena che, nella sostanza, rovina tutta la prima parte del film. Perché il resto si rovina da solo.

giovedì 25 novembre 2010

Dido - Lenz Rifrazioni


Dido. E Venere tutta intera si avvinghia alla sua preda

Luce soffusa. Un pannello, in alto, sistemato al centro della sala Majakovskij di Lenz Teatro propone al pubblico immagini di corpi nudi, raggomitolati, indifesi. Una donna (Valentina Barbarini), nuda e dipinta di un nero volutamente disomogeneo come se fosse una superficie sporca, posizionata nell’angolo inferiore destro dello spazio scenico, comincia a spingere un copertone. Poi lo lascia, seguendo con lo sguardo il suo moto lineare. Lo rincorre. Nello spostamento calpesta le proiezioni che, sul pavimento della sala, compongono una croce greca. È Dido – nome della protagonista e titolo del secondo spettacolo che Lenz Rifrazioni propone al pubblico della quindicesima edizione di Natura Dèi Teatri. Si tratta di una presenza ancestrale, dalle movenze animalesche e selvagge. È archetipo della donna africana. «Chi sei tu straniero che mi guardi così?».

Un uomo entra da destra. Il suo volto è dipinto di bianco. È basso, panciuto, pelato. È Enea (Giuseppe Barigazzi), futuro fondatore di Roma, che subito ingaggia con la regina fenicia una lotta ambigua, fatta di abbracci e spinte. Fino a quando comincia a penetrarla con la sua testa calva. Intanto sullo schermo scorrono immagini d’epoca. Un bianco e nero che narra di porti, di conquista. Le note di Faccetta nera risuonano, disturbate, dagli altoparlanti sottolineando il passo dell’oca con saluto fascista che Didone ora ostenta girando in tondo sulla scena. Questa figura esile e potente è figura dell’Africa, continente ormai violato, conquistato dalla follia. «Fu disgraziato quel giorno in cui la pioggia celeste/ a un improvviso scroscio d’acqua/ sotto una caverna ci ha sospinto».

I due ora sono nudi. I loro corpi si incontrano, avviluppati e sospinti dalle note di Franz Schubert (Andante con moto dal Trio in mi bemolle maggiore n. 2 op. 100, D 929). Didone, come nell’Eneide virgiliana, accoglie, ospita e ama Enea, colui che sarà fondatore del nuovo impero romano. Immagini di monete raffiguranti i Cesari vengono proiettate sullo spazio scenico e sul pannello centrale. I due si rivestono. Lei esce. «Mein Gott, quante donne ha da contare uno/ per solfeggiare tutta la scala dell’amore?/ Basta una e la nota è già piena».

Enea, rimasto solo, volge le spalle al pubblico. Subito assume una posizione fiera: petto in fuori, mani sui fianchi. Dalle casse risuona l’eco del discorso di proclamazione dell’Impero che Benito Mussolini fece, dal balcone di Piazza Venezia, il 9 maggio 1936. «I territori e le genti che appartenevano all'impero di Etiopia sono posti sotto la sovranità piena e intera del Regno d'Italia». Enea è Benito Mussolini. Nell’udire le sue stesse parole il condottiero si ripiega su di sé, tenendosi il ventre con le mani. Ancora, si flette sulle gambe impugnando i suoi stessi genitali. Sul volto quello che inizialmente si era presentato come un ghigno di dolore ora si tramuta in una sequenza di smorfie, dalle quali inizia ad uscire come una voce d’oltretomba che intona i versi danteschi del Canto V dell’Inferno. «Intesi ch’a così fatto tormento/ enno dannati i peccator carnali,/ che la ragion sottomettono al talento».

Ma il vero inferno è ora tutto per Didone, sedotta e abbandonata. Enea/Mussolini, che nel frattempo si è disegnato capelli neri sulla testa, ha infatti deciso di lasciarla. Cori tragici di voci bianche si trasformano nelle note di Giovinezza. Sullo schermo scorrono le immagini dell’odierna Cartagine, città fondata dall’eroina tragica che, secondo il mito, era stata definita e circoscritta da pelle animale, sottile e vulnerabile. Vulnerabile proprio come un corpo amato e ripudiato. «Che colpa mi dai oltre ad averti amato?/ Se ti vergogni di chiamarmi moglie, non sposa ma tua ospite io sia;/ Dido accetterà proprio qualsiasi cosa pur d’essere tua».

Didone si scioglie in un grido di dolore. Solo il fuoco potrà porre fine alle sue sofferenze. Ora fiamme di lego circondano il suo corpo. «Io sola sarò l’assassina di me stessa;/ no, non lo sarò; sì, invece, e adesso». Di lego sono anche le onde del Mediterraneo, il mare che Enea sta attraversando per portare a compimento ciò che il fato gli ha riservato. Non tornerà. «E se facessi affondare le sue navi? Si arrabbierebbe!/ Meglio la sua rabbia che morire di dolore».

Immagini di orme sulla sabbia sottolineano i momenti dello sbarco dell’eroe virgiliano, mentre Didone, aiutata da una maschera, si trasforma in giovenca. Dall’alto scende un bue, nero, imponente. Dapprima lei tende le mani verso di lui. Poi, quando si fa più vicino, lo accarezza. Ancora, lotta con lui afferrandolo per le corna. Infine sale sulla sua groppa, mentre tutt’intorno vengono proiettate le immagini degli ossari di Cartagine e Cartagena. «Al camposanto voglio dormire,/ come un bimbo che nella sua culla si fa cullare».

> Spettacolo visto martedì 9 novembre
   alle 22.30 presso la sala Majakovskij
   di Lenz Teatro

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