giovedì 8 dicembre 2011

Nuova recensione Cineland. Midnight in Paris di W. Allen

Midnight in Paris
di Woody Allen
con Owen Wilson, Rachel McAdams, Marion Cotillard, Michael Sheen, Adrien Brody
Commedia, 94 min., USA, Spagna, 2011

Gil Pender (Owen Wilson) è uno sceneggiatore hollywoodiano alle prese con la travagliata stesura del suo primo romanzo e prossimo alle nozze con Inez (McAdams), figlia di un esponente del Tea Party repubblicano. Durante una vacanza con fidanzata e futuri suoceri a Parigi, Gil si innamora perdutamente del luogo, sino a maturare l’idea di trasferircisi. Più che per la città contemporanea, la sua è una vera e propria esigenza di fuga dal presente. Obiettivo: la Parigi degli anni ’20, crocevia culturale di scrittori, musicisti, pittori e registi. Ed è così che, una sera, trascurato dalla compagna che gli preferisce un amico di vecchia data tuttologo e pedante, decide di camminare tra le stradine di Parigi. È qui che, allo scoccare della mezzanotte, la sua nostalgia produce un cortocircuito temporale che lo porterà, sera dopo sera, a partecipare a feste in case private animate dai più grandi artisti del periodo: da Ernest Hemingway a Cole Porter, passando per Pablo Picasso, Buñuel, Dalì e tanti altri. Tutti caratterizzati dai loro tic, dalla loro personalissima genialità e dalla nostalgia per il passato.

Un mondo bellissimo è raccontato dal protagonista attraverso il suo sogno, la sua immaginazione. Che è poi l’immaginazione dello stesso Allen. I grandi cineasti, musicisti, pittori e scrittori che popolano le notti parigine sono infatti quelli incontrati nella sua infanzia. Le loro battute, i loro atteggiamenti, non sono altro che una generalizzazione di ciò che tutti conoscono. E così Dalì vuole dipingere un rinoceronte, Hemingway vuole boxare, Porter suona Let’s Do It (Let’s Fall in Love) al pianoforte. Sullo sfondo Parigi. E non poteva essere altrimenti.

Stereotipi? Forse, ma in questo caso l’intento non è quello di descrivere analiticamente la capitale francese. È che l’“operazione nostalgia” poteva avere luogo solo nella città che nel giro di mezzo secolo è stata per ben due volte (Belle Epoque e anni Venti) il cuore artistico e culturale dell’Europa e del mondo. Pertanto, è solo nella cornice della capitale che Allen poteva muovere il suo protagonista. Lo fa con ritmo (è il caso di dirlo data la splendida colonna sonora) e leggerezza, le battute sono meno fulminanti rispetto alle opere precedenti, ma questa volta l’intento è quello di fare un film di classe conferendo risalto al messaggio finale. Come ha dichiarato lo stesso Allen: «La vita è tragica e brutale e quindi tutti immaginiamo un altrove fisico o temporale dove avremmo potuto stare meglio. In realtà le cose non migliorano mai davvero. Il mondo è sempre stato un luogo molto duro e se riesci a mettere da parte la nostalgia e guardi più da vicino a quegli anni, ti accorgi che non c’era una cura per la tubercolosi, che i bambini morivano per la polio e che la gente si beccava la sifilide». Certo Allen non ci fa vedere questa negativa sfaccettatura del passato, preferisce charleston e champagne, ma il messaggio arriva.

Voto: 3½ / 5

(Film visionato l’8 dicembre 2011)

1 commenti:

persogiàdisuo ha detto...

Come dici tu, le battute non sono di certo quelle del miglior Allen, ma l'atmosfera, il messaggio, i toni sono leggeri e adorabili

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