giovedì 25 aprile 2013

La Resistenza di Luisito Bianchi

 

Nell'anniversario della Liberazione italiana, c'è un uomo che merita di essere ricordato, assieme ai tanti eroi della Resistenza e ai più celebri testimoni del suo tempo.
Si tratta di Luisito Bianchi, sacerdote e prete operaio, per anni cappellano nell'abbazia di Viboldone, alle porte di Milano, ruolo che ha ricoperto sino al giorno della sua morte, avvenuta il 5 gennaio 2012 in seguito ad una lunga malattia.
 
Molti non lo conoscono e forse non lo hanno mai neppure sentito nominare, ma Luisito Bianchi è stato un uomo eccezionale, fautore di una forma di cristianesimo puro e incontaminato, moderno e fuori dagli schemi, capace di dire la verità e svelare l'essenza delle cose attraverso un pensiero illuminato, scevro di pregiudizi e dogmi religiosi.
Non ha avuto mai paura di sporcarsi le mani Luisito, di immergersi nella realtà alla quale anelava e di cui sentiva al tempo stesso il peso e il bisogno. Nella sua vita ha lavorato come insegnante, traduttore, benzinaio, inserviente d'ospedale, operaio addetto alle vasche di biossido di titanio.
 
Ma c'è un'attività per la quale dovrebbe essere ricordato più di tutte, ovvero quella di scrittore.
Infatti Luisito ha raccolto le varie esperienze vissute all'interno di un corpus di opere eterogenee tra le quali spicca La Messa dell'uomo disarmato, incredibile romanzo di 800 pagine che si leggono tutte d'un fiato e che, per contenuto e qualità formale, meriterebbe un posto di rilievo nella letteratura italiana del Novecento, vicino a testi del calibro di Il Partigiano Johnny o Il Sentiero dei nidi di ragno.
Tema centrale dell'opera è la Resistenza, dall'insediamento del fascismo sino al Dopoguerra, evento storico che nel romanzo diventa l'Avvenimento che segna irrimediabilmente la vita di Franco, alter ego di Luisito, giovane novizio benedettino che alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale lascia il monastero per tornare alla cascina dei genitori e alla vita nei campi.
 
Il 25 aprile 1945 Luisito non aveva neppure 18 anni, ma si sentì sempre in colpa per non aver partecipato in prima persona al fenomeno della Resistenza e per questo negli anni '70 scrisse di getto quello che sarebbe diventato il suo capolavoro, circolato per anni in forma autofinanziata attraverso il passaparola e poi finalmente pubblicato nel 2003 dall'editore Sironi.
La critica, soprattutto laica, lo accolse sin da subito come un'opera straordinaria, riconoscendone l'innegabile valore (sul Corriere della Sera Paolo di Stefano chiosò entusiasta: "E' un capolavoro, sì! Un capolavoro!") e ben presto cominciò a comparire nelle librerie.

A breve su questo blog la Recensione di La Messa dell'uomo disarmato.

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