giovedì 12 novembre 2015

Nuova recensione Cineland. Tutto può accadere a Broadway (She's Funny That Way) di P. Bogdanovich


Tutto può accadere a Broadway (She’s Funny That Way) 
di Peter Bogdanovich 
con Owen Wilson, Imogen Poots, Kathryn Hahn, Will Forte 
Commedia, 93 min., USA, 2014 

Una commedia d’altri tempi, di quelle che giocano tutto sulla delicatezza delle situazioni e sulla sottile ironia. Oltre a questo, molti rimandi a pellicole che hanno fatto la storia del genere cinematografico cui questo film appartiene, e cameo finale di Quentin Tarantino (c’era da aspettarselo). Ma, a qualche giorno di distanza, se non fosse per la bravura di Imogen Poots (è nata una stella?) non ci ricorderemmo forse più di quest’opera garbata, non superficiale nei contenuti ma datata nelle forme con cui vengono espressi. 

Un’operazione nostalgia per cinefili. Ci arrendiamo. 

Voto: 3 ½ su 5 

(Film visionato il 7 novembre 2015)

mercoledì 21 ottobre 2015

Compagni di strada (Il reale nei film)


"E' bene che le persone e gli oggetti del tuo film vadano allo stesso passo, come compagni di strada."

[Robert Bresson, Note sul cinematografo, Venezia, Marsilio, 2008, p. 75]

lunedì 12 ottobre 2015

Nuova recensione Cineland. Black Mass - L'ultimo gangster di S. Cooper


Black Mass – L’ultimo gangster 
di Scott Cooper 
con Johnny Depp, Joel Edgerton, Dakota Johnson, Juno Temple, Rory Cochrane 
Thriller, 120 min., USA, 2015 

C’è chi ha parlato di film lento, chi di film già visto. Chi, invece, di opera didascalica, scolastica. Black Mass è indubbiamente un film poco coraggioso, ma impeccabile sotto il punto di vista tecnico

Poco coraggioso per forza di cose, perché la storia è vera ed è ricostruita sulla base di un’inchiesta. A noi, ciò che interessa è che la sua trasposizione cinematografica è di ottimo livello, avvincente al punto giusto e con ottime prove attoriali da parte di un cast in cui Depp torna finalmente ai livelli di un tempo. 

“Certo – si dirà – Quei bravi ragazzi è tutta un’altra cosa.” Ovvio, ma in questi ultimi e stanchi anni cinematografici non è poi così facile trovare opere così gradevoli e rispettose del pubblico

Voto: 3 ½ su 5 

(Film visionato il 10 ottobre 2015)

mercoledì 30 settembre 2015

Nuova recensione Cineland. Sicario di D. Villeneuve


Sicario 
di Denis Villeneuve 
con Benicio Del Toro, Emily Blunt, Josh Brolin, Jeffrey Donovan 
Thriller, 121 min., USA, 2015 

Ritorno al Cinema (sì, con la C maiuscola). Constatiamo infatti con piacere che in questa ultima opera di Villeneuve ogni inquadratura è studiata e costruita nei minimi particolari, ogni sequenza ragionata, ogni panoramica e campo lungo o medio sfruttato per accentuare il senso di solitudine dei personaggi che attraversano le infinite distese desertiche del sud del Texas, al confine con il Messico. 

Ed è proprio su un confine, che è insieme geografico (El Paso/Ciudad Juàrez) e interiore, che i protagonisti si muovono per cercare di sconfiggere a loro modo il male. Peccato che, come ne La donna che canta (2010) e Prisoners (2013), il male venga ancora una volta trattato come un elemento talmente eterogeneo nelle sue manifestazioni da rendere vani gli sforzi di coloro che da esso cercano di allontanare loro stessi e il prossimo. 

Forse è proprio questa ripetizione tematica, palese per chi abbia visto e apprezzato le precedenti opere del regista citate, che ci lascia con l’amaro in bocca: niente di nuovo sullo schermo, per di più trattato tramite una storia “sottile”, lineare, troppo spesso didascalica, e dal finale scarno e affrettato. Una narrazione perfettibile, dunque, ma pur sempre dall’affascinante e dirompente impatto visivo

Voto: 3 ½ su 5 

(Film visionato il 26 settembre 2015)

lunedì 21 settembre 2015

Nuova recensione Cineland. Inside Out di P. Docter


Inside Out 
di Pete Docter 
Animazione, 94 min., USA, 2015 

Una boccata d’ossigeno. Nel senso che nel desolante panorama cinematografico contemporaneo, quest’opera della Pixar si staglia in modo netto e convincente. Merito non tanto della maestria tecnica degli autori, quanto della freschezza di una storia comprensibile nella sua complessità e, quel che più ci importa, inedita e convincente

Proprio l’aver reso “facile” una tematica articolata come l’interiorità di una persona, e averlo fatto senza mai cadere nel retorico o nello scontato, è la vera forza di questo lungometraggio che resisterà all’oblio. Ridiamo, piangiamo, rimaniamo a bocca aperta davanti a soluzioni registiche e narrative che non vedevamo da tempo. E, contrariamente a quello che accadeva a certi altri film della Pixar, la seconda parte è al livello della prima. Anzi, qui si rimane incollati allo schermo anche durante i titoli di coda

Voto: 4 ½ su 5 

(Film visionato il 18 settembre 2015)

lunedì 14 settembre 2015

Il montaggio (Degli sguardi)


"Montare un film vuol dire legare le persone fra loro e agli oggetti con gli sguardi."

[Robert Bresson, Note sul cinematografo, Venezia, Marsilio, 2008, p. 21]

giovedì 10 settembre 2015

Nuova recensione Cineland - Southpaw – L’ultima sfida di A. Fuqua


Southpaw – L’ultima sfida 
di Antoine Fuqua 
con Jake Gyllenhaal, Forest Whitaker, Rachel McAdams, Naomie Harris 
Drammatico, 124 min., USA, 2015 

Billy Hope (Gyllenhaal) ha una moglie bellissima (McAdams) che lo ama, una figlia che lo adora, ma prende la vita a pugni. È un campione di boxe che sul ring e nella vita adotta una strategia insolita: incassare e sanguinare fino alla reazione, brutale. La provocazione di un contendente al titolo dei medio-massimi fa degenerare la situazione, e nella rissa che ne scaturisce la moglie viene mortalmente colpita da un proiettile vagante. Qui parte la sua discesa agli inferi e la sua inevitabile e hollywoodiana risalita, fino alla redenzione finale. 

Qualcuno potrebbe gridare allo spoiler ma, tranquilli, il finale è telefonato fin dall’inizio. Fuqua e il suo sceneggiatore (Kurt Sutter) imbastiscono infatti una storia già vista, senza quindi quegli elementi d’innovazione che hanno recentemente mostrato altre pellicole (su tutte Moneyball, che parla egregiamente di un uomo che lavora nel mondo del baseball senza praticamente mai far vedere il diamante). La resa della boxe si fa sì spettacolare ma, benché Gyllenhaal ci metta tutto l’impegno possibile con un’ottima prova attoriale, il travaglio interiore del protagonista non si avverte (pensiamo a The Wrestler o Toro scatenato) e le traversie famigliari sono inanellate in un crescendo di cliché che sembrano non avere mai fine. Subiamo, nello specifico, un martellamento emotivo (Sutter sfrutta tutti i tasti da toccare per commuovere il pubblico) che alla lunga diventa irritante. Quando usciamo dal cinema avvertiamo di non esserci né appassionati al protagonista né tantomeno di apprezzare ancor di più la boxe (!). 

Voto: 2 ½ su 5 

(Film visionato il 5 settembre 2015)

venerdì 28 agosto 2015

Di cosa parliamo quando parliamo di Cinema


"Ma di che cosa stiamo parlando? Stiamo parlando di una forma d’arte che ha prodotto capolavori come La passione di Giovanna d’Arco, Zero in condotta, Il padrino, prima e seconda parte, Lo sceicco bianco, Luci d’inverno. Parliamo di film come Infedeltà e I migliori anni della nostra vita. Della Scampagnata, e poi Le vacanze di Monsieur Hulot, Schindler’s List, Rapacità, Il generale, Amarcord, Otto e mezzo. Cantando sotto la pioggia, Dumbo, Ladri di biciclette, Furore, A qualcuno piace caldo, Quarto potere e Intolerance. Roma città aperta, Ran, Il nemico pubblico e Casablanca. Il mistero del falco, I racconti della luna pallida d’agosto, Rashomon e Fanny e Alexander. Devo continuare? Quanti titoli potrei ancora aggiungere?" 

[Sidney Lumet, Fare un film, Roma, Minimum Fax, 2010, p. 249]

lunedì 24 agosto 2015

Novità da Blockbuster. Foxcatcher, The Imitation Game, Whiplash

Foxcatcher – Una storia americana 
di Bennett Miller 
con Steve Carrell, Channing Tatum, Mark Ruffalo, Sienna Miller, Vanessa Redgave 
Drammatico/Biografico, 134 min., USA, 2014 
**½  

Storia di Mark e Dave Schultz, campioni olimpici, e della follia di John E. du Pont, che li assoldò per fare della lotta libera uno strumento di propaganda per redimere gli Stati Uniti. Ottima recitazione e tecnica registica per l’ennesima storia (vera) che tratta della fine del sogno americano. Peccato per l’eccessiva linearità della trama e per l’inefficace approfondimento psicologico dei personaggi.

Whiplash 
di Damien Chazelle 
con Miles Teller, J.K. Simmons, Melissa Benoist, Austin Stowell, Paul Reiser 
Drammatico, 105 min., USA, 2014 
**½ 

Film classico che più classico non si può. Ovvero storia di un’ossessione (un ragazzo vuole diventare il più grande batterista di jazz al mondo) sviluppata come nella migliore delle tradizioni: l’ossessione, le esercitazioni sfiancanti, i contrasti con la famiglia, i contrasti con il mentore, l’amore perso a causa dell’ossessione, la crisi e, infine, la risalita. Niente di nuovo, purtroppo.

The Imitation Game 
di Morten Tyldum 
con Benedict Chumberbatch, Keira Knightley, Matthew Goode, Charles Dance 
Biografico/Drammatico/Storico, 113 min., USA, GB, 2014 
** 

Il film dovrebbe essere incentrato sul lavoro di Alan Turing durante la Seconda Guerra Mondiale, ovvero quando il matematico costruì una macchina per decrittare Enigma, il marchingegno tedesco per i messaggi cifrati. E invece… E invece della macchina non sappiamo quasi nulla, men che meno della sua genesi. Subiamo invece due ore di dialoghi didascalici, effetti speciali imbarazzanti (le sagome degli attori che si muovono, giustapposte, in una Londra sotto attacco ricreata al computer), divagazioni sull’infanzia da incompreso di Turing e sulla sua omosessualità. Retorica a palate e una miriade di imprecisioni/invenzioni storiche rovinano ulteriormente questa copia venuta male di A Beautiful Mind.

mercoledì 19 agosto 2015

L'anteprima


"Essendo arrivato con grande anticipo, mi metto a guardare il pubblico che entra in sala. Mi sembrano tutti nemici, senza distinzione. Sono arrivati in pantaloni corti, maglietta e scarpe da ginnastica. Le pettinature sembrano fatte apposta per non permettere a chi è seduto dietro di vedere. Vecchie signore arrivate dalle case di riposo si accalcano insieme a quarantenni muscolosi le cui pance gonfie di birra fuoriescono dai calzoncini. Capisco che sono nervoso. Prima ho chiesto all'autista della limousine di portarmi in giro per il vicinato, per farmi un'idea del posto. Le case ben tenute e i giardini curati sembrano non avere nulla in comune con questi cretini che aspettando di entrare in sala". 

[Sidney Lumet, Fare un film, Roma, Minimum Fax, 2010, pp. 241-242]

domenica 14 giugno 2015

Nuova recensione Cineland. Dior and I di Frederic Tcheng


Dior and I 
di Frederic Tcheng 
con Raf Simons, Pieter Mulier, Florence Chehet, Monique Bailly 
Documentario, 90 min., Francia, 2014 

Possiamo parlare di documentario realizzato con punto di vista “embedded” (come nel giornalismo, per intenderci). La telecamera entra infatti nell’atelier della maison Dior ma segue solo alcune fasi dell’operato dei professionisti che lavorano per la sezione haute couture. 

A capo di questi il nuovo direttore artistico Raf Simons che, tra colpi di genio e qualche bizza, cerca di scrollarsi di dosso l’etichetta di minimalista (lavorava per Jil Sander) senza però perdere di vista la filosofia Dior (la donna intesa come fiore). 

Ecco allora che vediamo Simons sfogliare la biografia del fondatore, guarda caso ristampata e disponibile nelle librerie, senza però avere il coraggio di leggerla (tradotto: marketing e ansia da prestazione). Ecco allora che la sua apparente freddezza si scioglie in pianto durante la prima sfilata (tradotto: travaglio interiore). 

Nonostante la retorica, anche questo documentario contribuisce a far maturare in noi la convinzione che un certo modo di fare moda sia una delle più sublimi forme d’arte. Convinzione maturata grazie anche a Valentino: The Last Emperor, altro esempio di documentario "embedded" ma emozionante

Voto: 3 ½ su 5 

(Film visionato il 3 giugno 2015) 

martedì 2 giugno 2015

Nuova recensione Cineland. Louisiana (The Other Side) di Roberto Minervini


Louisiana (The Other Side) 
di Roberto Minervini 
con Mark Kelley, Lisa Allen, James Lee Miller
Film documentario, 92 min., Italia, Francia, 2015

Tossici che vivono di espedienti, reduci che trovano rifugio nell’alcol, ragazzi che si addestrano con armi d’assalto per essere pronti a contrastare una non meglio identificata minaccia interna. Comune denominatore le critiche all’amministrazione Obama e le aspettative sugli scenari futuri (si auspica una vittoria di Hillary Clinton, perché solo lei può dare voce agli emarginati). 

Lo sguardo di Minervini segue con sapienza tutto questo, sempre attento a cogliere l’essenza dei personaggi e delle situazioni attraverso una puntuale costruzione delle immagini. Si usano volutamente i termini “personaggi” e “costruzione delle immagini” perché si avverte come il documentario sia comunque il frutto di una, seppur lieve, rielaborazione della realtà. Era il caso del bellissimo e toccante Stop the Pounding Heart, dove la scelta di concentrarsi su un unico protagonista si era rivelata vincente. 

Qui, invece, Mark, ovvero il primo e più interessante personaggio che ci viene presentato con la sua storia d’amore e le sue vicissitudini di drogato, viene improvvisamente abbandonato per concentrarsi su un altro tema. Questo provoca un calo della tensione narrativa, e tutta l’opera finisce per perdere in incisività. 

Voto: 3 ½ su 5 

(Film visionato il 28 maggio 2015)

domenica 24 maggio 2015

Nuova recensione Cineland - Youth - La giovinezza di Paolo Sorrentino


Youth – La giovinezza 
di Paolo Sorrentino 
con Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano, Jane Fonda 
Drammatico, 118 min., Italia, Francia, Svizzera, Gran Bretagna, 2015 

“Ho capito che nel mondo ci sono due tipi di persone: quelle belle e quelle brutte. In mezzo ci sono i carini.” E ancora: “Siamo solo comparse.” Queste sono un paio (e nemmeno le peggiori) delle massime che letteralmente permeano l’ultima fatica (?) di Sorrentino, accozzaglia di scenette mal legate tra loro costruite attorno a battute poco memorabili e animate da personaggi tanto inconsistenti quanto poco credibili

Ancora una volta il regista premio Oscar punta tutto sul perturbante, ma qui massicciamente, e allora ci dobbiamo sciroppare: un Maradona che ha tatuato il faccione di Marx sulla schiena, una ragazzina/massaggiatrice con l’apparecchio che esalta con malizia le qualità del contatto fisico e balla (rigorosamente al ralenti) davanti all’Xbox Kinect, una coppia che in pubblico non si parla e che poi urla il suo piacere nei boschi, un monaco buddhista che cerca di levitare, una miss universo con l’herpes labiale, una giovane e goffa escort, un attore hollywoodiano che si prepara ad interpretare Hitler. Bestiario che finisce per soffocare la figura del protagonista, un Michael Caine inespressivo accompagnato da una figlia (Rachel Weisz) che lo ama e lo disprezza (boh!). Forse il personaggio più centrato è quello interpretato da Harvey Keitel, regista al tramonto che lavora alla sceneggiatura del suo ultimo film con un gruppo di giovani sceneggiatori. 

Un film che riflette sulla vecchiaia? Un’opera che parla metaforicamente della giovinezza? Niente di tutto questo. Solo la voglia di buttare sul mercato un prodotto, benché approssimativo e irrisolto, per sfruttare l’onda dell’Oscar recentemente conquistato

Voto: 1 ½ su 5 

(Film visionato il 21 maggio 2015)

mercoledì 20 maggio 2015

Nuova recensione Cineland - Il racconto dei racconti (Tale of Tales) di Matteo Garrone


Il racconto dei racconti – Tale of Tales 
di Matteo Garrone 
con Salma Hayek, Vincent Cassel, John C. Reilly, Christian Lees, Jonah Lees, Alba Rohrwacher 
Fantasy, 125 min., Italia, Francia, Gran Bretagna, 2015 

Da gustare con gli occhi. Questa è la considerazione che si fa dopo aver guardato Il racconto dei racconti, ultima opera di Matteo Garrone in concorso a Cannes. 

Il regista mette tutto il suo talento artistico al servizio della trasposizione di tre racconti di Giambattista Basile (tratti da Lo cunto del li cunti, 1634-1636), per un’operazione che, nonostante ciò che hanno scritto alcuni critici, così poco si avvicina a quella pasoliniana del Decameron (1971). Poco, perché in questo caso ogni intento metaforico cede il passo al puro gusto narrativo

Ci sentiamo, in poche parole, come un bambino che presta la sua attenzione ad un genitore affabulatore. Il problema è che nel frattempo noi siamo cresciuti e facciamo un po’ fatica ad accontentarci dell’intrattenimento fine a se stesso, seppur d’alta classe. 

Voto: 3 ½ su 5 

(Film visionato il 16 maggio 2015)

martedì 5 maggio 2015

Novità da Blockbuster. Joe, The Equalizer, Una folle passione, Posh, Clown

Joe 
di David Gordon Green 
con Nicolas Cage, Tye Sheridan, Ronnie Gene Blevins 
Drammatico, 117 min., USA, 2013 
** ½ 

Cage torna a vestire i panni di un emarginato dal cuore d’oro, ruolo che gli si confà particolarmente. Con quell’andatura un po’ così e quello sguardo un po’ così riesce a reggere un film altrimenti inconsistente. La retorica abbonda ma il Cage-antieroe, la provincia statunitense e la fauna che la popola hanno sempre il loro fascino.

The Equalizer – Il vendicatore 
di Antoine Fuqua 
con Denzel Washington, Chloë Grace Moretz, Marton Csokas, Melissa Leo 
Azione/Thriller, 131 min., USA, 2014 
** 

Vi piacciono i film d’azione e di vendetta? Questo potrebbe essere il film che fa per voi. Anche se… Anche se Denzel Washington non è poi così credibile nel suo ruolo (il problema è principalmente anagrafico), anche se la storia non è poi così avvincente (anzi, direi quasi soporifera), anche se la figura del vendicatore non è poi così innovativa essendo stata ampiamente sfruttata in tutte le salse, soprattutto in tempi recenti (Io vi troverò, Taken, Fuori controllo, per citarne solo alcuni).

Una folle passione (Serena
di Susanne Bier 
con Jennifer Lawrence, Bradley Cooper, Rhys Ifans, Toby Jones 
Drammatico, 102 min., USA, Repubblica Ceca, 2014 
** 

Avevamo apprezzato Susanne Bier per film come Dopo il matrimonio (Efter brylluppet, 2006) e, soprattutto, Non desiderare la donna d’altri (Brodre, 2004). Con questo suo primo film statunitense la sua abilità registica soccombe all’inconsistenza di una storia talmente datata e scontata da inficiare la prova di un cast d’eccezione.

Posh (The Riot Club
di Lone Scherfig 
con Max Irons, Sam Claflin, Douglas Booth, Holliday Grainger 
Drammatico, 106 min., Regno Unito, 2014 
* ½ 

Racconto affrettato e approssimativo delle vicissitudini di un club di ricchi studenti di Oxford che non sanno come tirar sera. Dovrebbero essere i membri di un club esclusivo che raccoglie i migliori rappresentanti (per pedigree e preparazione) dell’università, dediti a propositi di carriera e d’edonismo. E invece di edonistico c’è ben poco. Tanto alcol sì, ma niente droga e, soprattutto, niente sesso (siamo inglesi!). Il risultato è un film di un’ora e quarta sul nulla che ci fa rimpiangere e recuperare immediatamente, per disintossicarci e per certe affinità tematiche, Cose molto cattive (Very Bad Things, Peter Berg, 1998) e Le regole dell’attrazione (The Rules Of Attraction, Roger Avary, 2002).

Clown 
di Jon Watts 
con Andy Powers, Laura Allen, Elizabeth Whitmere 
Horror, 102 min., USA, Canada, 2014 

Tutti gli stilemi dell’horror classico raccolti in un tedio lungo un’ora e mezza. Grottesco, a lunghi tratti anche troppo inverosimile per il genere (e ho detto praticamente tutto!), con attori inconsistenti e una trama da mettersi le mani nei capelli. Da evitare come la peste se volete continuare ad avere paura dei clown.

martedì 28 aprile 2015

Nuova recensione Cineland. Mia madre di N. Moretti


Mia madre 
di Nanni Moretti 
con Margherita Buy, Nanni Moretti, John Turturro, Giulia Lazzarini 
Drammatico, 106 min., Italia, Francia, Germania, 2015 

Margherita (Buy) è una regista di successo. Durante la lavorazione del suo ultimo lungometraggio, per il quale deve tenere a bada un attore americano (Turturro) sempre sopra le righe, la salute della madre comincia ad aggravarsi. Tra una pausa e l’altra dal lavoro sul set si intensificano le sue visite all’ospedale col fratello (Moretti), sino alla morte della madre. 

Scene di vita lavorativa si alternano a scene di vita famigliare secondo una costruzione narrativa che si sviluppa su due rette parallele (e quindi mai tangenti). Non abbiamo mai l’impressione che ciò che sta accadendo alla protagonista nel privato si ripercuota sulla sua vita lavorativa e viceversa. Non siamo dunque testimoni né di una sua crescita interiore né di una più ampia riflessione sulla morte di una persona cara. Come se non bastasse, l’autobiografismo di Moretti si fa in questa sua ultima opera particolarmente stucchevole e pruriginoso. Il regista/attore finge di defilarsi e intanto mette in scena un alter ego che fa il suo stesso lavoro, una madre che come la sua insegnava latino e una preparazione al lutto evidentemente provata in prima persona ma nei fatti dalle caratteristiche universali. Moretti prova quindi, ma come nel più goffo dei tentativi, ad elevare la sua esperienza ad arte. 

L’operazione risulta banale, sconclusionata, e non basta certo qualche scena onirica ad elevare il livello di un film desolatamente datato sia tecnicamente che contenutisticamente

Voto: 2 su 5 (Film visionato il 22 aprile 2015)

martedì 31 marzo 2015

Remember Us. Biutiful, Jack Reacher - La prova decisiva, Crash - Contatto fisico

Biutiful 
di Alejandro González Iñárritu 
con Javier Bardem, Marciel Álvarez, Hanaa Bouchaib, Guillermo Estrella, Eduard Fernández 
Drammatico, 148 min., Messico, Spagna, 2010 
*** ½ 

Primo film di Iñárritu la cui sceneggiatura non è firmata da Guillermo Arriaga (Amores Perros, 21 grammi, Babel). Ciò significa un solo protagonista, una sola storia, trama lineare. Il film è incentrato sulle vicissitudini di Uxbal (Bardem), che si affastellano su di lui acuendone come non mai la dimensione tragica. La telecamera lo segue quindi incessantemente e l’effetto quasi documentaristico intensifica le sue, le nostre sofferenze. Affascinante la scelta dell’ambientazione nella Barcellona meno turistica, quindi più vera e sofferta.

Jack Reacher – La prova decisiva 
di Christopher McQuarrie 
con Tom Cruise, Rosamund Pike, Robert Duvall, Jai Courtney Azione/Thriller, 130 min., USA, 2012 
** ½ 

Un incrocio tra The Bourne Identity e Mission Impossible. Nonostante questo rimaniamo incollati allo schermo perché, del resto, questo sanno fare a Hollywood: inseguimenti, sparatorie, risse da bar, duelli e dialoghi che sono la degna evoluzione del cinema dei western e della retorica anni Ottanta. Tom Cruise è il protagonista (perfetto) attorno a cui tutto ruota. Certo, anche per lui il tempo passa, ma le controfigure e il chirurgo sembrano aver fatto miracoli (se non fosse per la linea dei capelli da pupazzo che gli attraversa la nuca). Per staccare.

Crash – Contatto fisico 
di Paul Haggis 
con Don Cheadle, Matt Dillon, Terrence Howard, Sandra Bullock, Brendan Fraser, Jennifer Esposito 
Drammatico, 115 min., USA, 2004 
** 

Prendete America Oggi (Short Cuts, Robert Altman, 1993), svuotatelo di tutta la sua carica critica nei confronti della società statunitense e riempite lo spazio ottenuto con tanta tanta retorica (hollywoodiana). Infine, per confondere le acque, chiudete la storia con un colpo di scena strappalacrime. Pruriginoso.

mercoledì 11 marzo 2015

Nuova recensione Cineland. Vizio di forma (Inherent Vice) di P.T. Anderson


Vizio di forma 
(Inherent Vice) 
di Paul Thomas Anderson 
con Joaquin Phoenix, Katherine Waterston, Eric Roberts, Josh Brolin, Benicio Del Toro 
Giallo/Grottesco, 148 min., USA, 2014 

“Il cinema è la vita con le parti noiose tagliate”. Voglio partire da questa affermazione hitchkockiana, vera o presunta che sia ma con un indubbio fondamento di verità, per affermare che Anderson si è ormai specializzato nel superfluo. La sua spasmodica attenzione al contesto più che al contenuto ci rende partecipi di un’operazione che ribalta gli assunti bressoniani, ovvero procedere per riduzioni al fine di arrivare più direttamente al “cuore”, per farsi beffe della fabula e dell’intreccio relegando la storia a mero elemento di sfondo

Questo succedeva parzialmente con le sue precedenti opere, questo accade al suo massimo grado con Vizio di forma. Il contesto diventa il reale protagonista della vicenda, impreziosito com’è da una ricostruzione storica e una maestria tecnica davvero oltre la media. Da amanti del cinema non possiamo fare altro che stimare Anderson per la sua preparazione. Da amanti dell’arte gli imputiamo invece la mancanza di umiltà e coraggio nell’affidarsi ad un bravo sceneggiatore per regalare al pubblico un’opera finalmente degna di nota

Voto: 3 su 5 

(Film visionato il 4 marzo 2015)

lunedì 23 febbraio 2015

Nuova recensione Cineland. Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza di R. Andersson


Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza 
(En duva satt på en gren och funderade på tillvaron) 
di Roy Andersson 
con Holger Andersson, Nisse Vessblom, Lotti Tornros, Charlotta Larsson 
Commedia drammatica, 100 min., Svezia, 2014 

39 piani sequenza. Tra questi: un’anziana sul letto di morte tiene stretta una borsetta coi suoi valori per non lasciarla ai figli; su un traghetto si discute su chi può sfruttare il pranzo già pagato da un passeggero appena morto d’infarto; prima di andare in guerra Carlo XII chiede un bicchiere d’acqua e, battendo in ritirata, ha bisogno del bagno; due rappresentanti di oggetti di carnevale attraversano una crisi economica e psicologica; Lotte la Zoppa scambia grappe per baci; diversi personaggi sono contenti di sapere che dall’altro capo del telefono “sta andando tutto bene” mentre intorno a loro l’umanità soffre. 

È la malinconia, la sofferenza, la debolezza e la corruttibilità dell’uomo il tema trattato da Andersson in questa sua ultima opera del trittico “Living Trilogy”. Il linguaggio si fa metaforico al massimo grado, vera e propria (video)arte. L’inquadratura è fissa, come se lo spettatore seguisse lo spettacolo da una finestra, che limita e include. La messa in scena si fa ultra realistica, poiché nei lunghi piani sequenza tutto è a fuoco, tutto è al suo posto, e tutto ha dignità, che sia in primo o in secondo piano. Sta a noi decidere cosa guardare

Proprio come nella vita vera, spesso ci sono uomini che sono maschere di se stessi, condizione qui rimarcata dal cerone che portano sul viso. Altrettanto spesso le loro movenze sono talmente insignificanti ma tanto ripetute da diventare rituali, allegoriche. E mentre gli schiavi vengono spinti dentro un cilindro musicale  che viene arroventato per il diletto di vecchi ricchi, la maschera di Zio Dentone rimane invenduta e un militare arriva sempre in ritardo agli appuntamenti, noi non possiamo fare nulla, se non guardare

Voto: 4 su 5 

(Film visionato il 21 febbraio 2015)

lunedì 16 febbraio 2015

Nuova recensione Cineland. Birdman di A.G. Iñárritu


Birdman 
di Alejandro González Iñárritu 
con Michael Keaton, Edward Norton, Zach Galifianakis, Naomi Watts, Emma Stone 
Commedia, 119 min., USA, 2014 

Storia di Riggan Thomson (Keaton), celebrità hollywoodiana che si vuole scrollare di dosso l’etichetta di attore da blockbuster portando in scena a Broadway uno spettacolo teatrale ispirato al racconto di Raymond Carver What We Talk About When We Talk About Love. Incombono su di lui i successi commerciali del passato, rappresentati dalla voce di quel Birdman, supereroe di cui aveva indossato le vesti, che gli ricorda quanto sia più facile e proficuo (per le tasche e per l’ego) percorrere la strada cinematografica del remake piuttosto che quella del teatro. Riuscire a portare a compimento il proprio progetto, riuscire a convincere pubblico e critica di essere un Attore, diventano per Riggan un’ossessione. Tutt’intorno i problemi famigliari, gli sforzi per non disunire la compagnia, la competizione con un attore più giovane e talentuoso, i dubbi sulla propria esistenza. 

Iñárritu esplora la contemporaneità attraverso la dicotomia tra teatro e cinema, dimensione pubblica e privata, realtà (vita reale) e rappresentazione (rappresentazione scenica). Lo fa attraverso lunghi piani sequenza che indagano gli (angusti) spazi del teatro seguendo gli attori e svelandone gelosie, debolezze, promiscuità. Come le opere carveriane e altmaniane, Birdman vorrebbe elevare al massimo grado di “onestà” (nel senso hemingwayano del termine) le vicissitudini del suo antieroe contemporaneo, schiacciato da un sistema (quello dello spettacolo) che glorifica ma che troppo spesso dimentica o discrimina. Non ci riesce

Il raffinato gioco di rimandi (Keaton è stato il Batman di Tim Burton; molte sono nel film le citazioni di attori realmente esistenti) non è infatti così incisivo e funzionale come ci si potrebbe aspettare e anche i riferimenti alla nuove tecnologie (la notorietà ridefinita da YouTube e Twitter), il finale aperto e ermetico, gli effetti speciali non fanno altro che tradire un malcelato tentativo di svecchiare una tematica di stampo esistenzialista già ampiamente visitata dal mondo delle arti

Certo, Iñárritu mette in campo tutta la sua bravura registica ottenendo da troupe e attori una prova egregia, tuttavia l’enorme mole e autoreferenzialità delle tematiche trattate finisce con il nascondere qualsiasi barlume innovativo dell’opera, vanificandolo. 

Voto: 3 su 5 

(Film visionato il 14 febbraio 2015)


lunedì 2 febbraio 2015

Nuova recensione Cineland. Turner di M. Leigh


Turner (Mr. Turner) 
di Mike Leigh 
con Timothy Spall, Dorothy Atkinson, Marion Bailey, Paul Jesson 
Biografico, 149 min., Gran Bretagna, 2014 

Biografia atipica del pittore William Turner (Spall). Atipica perché l’amore del protagonista per la pittura per una volta non viene espresso attraverso atteggiamenti strambi nella società o lampi di genio davanti alla tela bensì attraverso lo scorrere naturale della vita

La morte del padre, il matrimonio naufragato e i fugaci piaceri della carne, le esperienze sul campo per trovare la “vera luce”, diventano passaggi fondamentali della sua vicenda biografica più che la sua appartenenza alla Royal Academy o la genesi delle opere che lo fecero diventare famoso. 

È in questo modo che Leigh cesella un personaggio burbero, consapevole delle proprie potenzialità, amante dei piaceri (ma non nel senso edonistico del termine) e dell’arte, conscio del fatto che la pittura non avrebbe mai rischiato d’essere relegata in secondo piano in quanto troppo intimamente legata all’uomo-Turner. 

Tutt’intorno un’Inghilterra vittoriana ricostruita magnificamenteUnico neo la caratterizzazione di quelli che furono i colleghi artisti, la cui recitazione li riduce troppo spesso allo status di superficiali caricature. 

Voto: 3,5 su 5 

(Film visionato il 31 gennaio 2015)

mercoledì 28 gennaio 2015

Nuova recensione Cineland. Exodus - Dei e Re di Ridley Scott


Exodus – Dei e Re (Exodus: Gods and Kings) 
di Ridley Scott 
con Christian Bale, Joel Edgerton, Aaron Paul, Ben Kingsley 
Epico, Biblico, 150 min., USA, 2014 

Ennesima rivisitazione del libro dell’Esodo, incentrata sulle vicende che hanno come protagonista Mosè. Ogni intento di ricostruzione filologica in questo film viene meno, lasciando il passo a tonnellate di “licenze poetiche”, come quelle che stravolgono gli usi e i costumi del tempo. Le facce sono quelle di attori evidentemente “occidentali”, i luoghi massicciamente ricostruiti al computer e gli stessi dialoghi, lo stesso modo degli attori di relazionarsi tra loro, sembrano uscire da un action movie in cui i bicipiti sono oliati e ben in vista. A parte i costumi, tutto risulta finto, artificioso. 

La figura di Mosè (interpretato da un Christian Bale sottotono) è un mix tra il Massimo Decimo Meridio del Gladiatore (Gladiator, 2000) e il Robin Hood (2010) di, guarda caso, ridleyscottiana memoria. Notevoli le soluzioni visive, per il resto lascia letteralmente basiti la figura del Dio/Bambino e la magniloquenza con cui sono state girate le scene della divisione delle acque e dell’inseguimento tra egizi e ebrei. 

In sintesi, possiamo dire d’aver visto un polpettone di proporzioni bibliche

Voto: 2 su 5 

(Film visionato il 22 gennaio 2014)

martedì 20 gennaio 2015

Nuova recensione Cineland. Fade - Storia degli ultimi giorni di Alessandro Bertoncini


Fade - Storia degli ultimi giorni 
di Alessandro Bertoncini 
con Edoardo Bocchi, Massimo Boschi, Giorgia Castrogiovanni, Gabriele Ciances, 
Pietro Oddi, Bob Messini 
Commedia, 70 min., Italia, 2014 

Giovedì 15 gennaio è stato il giorno di Alessandro Bertoncini, regista in erba che ha avuto il privilegio di presentare Fade - Storia degli ultimi giorni, la sua opera prima, al pubblico di Parma. Inizio proiezione ore 21. Nell'ingresso del cinema Astra vengono consegnati due foglietti con, rispettivamente, la sinossi dell'opera e una scheda di valutazione (indice di gradimento da 1 a 5, come le stelline del Morandini). Entro e mi siedo in ultima fila. L'emozione è forte: la sala di proiezione è piena di ragazzi giovani e tra loro, oltre a qualche curioso, volti noti della città: almeno un assessore (non quello alla cultura), un paio di docenti universitari e personalità appartenenti al mondo del cinema e dello spettacolo. Proprio uno di questi introduce l'opera e gli interpreti. Ad entrare per ultimo Bertoncini, studente ventenne al secondo anno dell'Accademia di Cinema presso la RUFA di Roma che si è autoprodotto l'opera rinunciando all'acquisto dell'automobile che gli aveva promesso il nonno (encomiabile, non c'è che dire). 

Le luci si abbassano e inizia il film, di chiara ispirazione autobiografica, dove ad una storia d'amicizia se ne intreccia una d'amore, impossibile e tormentata. E poi gli ultimi giorni di scuola, l'esame di maturità, l'indecisione e la paura per il futuro, l'amicizia
Ora il dubbio amletico: tacere sui limiti di questo esordio, proseguendo sulla strada della mera esaltazione di un'opera solo perché autoprodotta, o esporli tutti? Sono convinto che, soprattutto in ambito artistico, le critiche siano sempre costruttive se oneste e argomentate. Procedo dunque ad un'analisi dell'opera per punti, per una maggiore chiarezza. 

Il tema trattato 
Obiettivo dichiarato dell'opera è quello di parlare della cosiddetta "linea d'ombra", ovvero di quel passaggio tra giovinezza e età adulta di memoria conradiana che si declina in nuove responsabilità sociali e sentimentali. Qui il periodo viene fatto coincidere con i giorni degli esami di maturità e di un amore reso impossibile dalla paura di svelare i propri sentimenti. Tema troppo scarno per un lungometraggio e comunque troppo retorico per risultare innovativo/interessante. E infatti per stessa ammissione del regista l'opera è il frutto di un'idea per un corto, solo successivamente ampliata per la realizzazione di un lungometraggio. Purtroppo questo cambio di direzione è stato risolto inserendo una moltitudine di scene di transizione che provocano un calo di tensione narrativa che finisce con l'inficiare il risultato finale. 

La chiave di lettura 
Fade, parola inglese che trova nell'italiana "dissolvenza" il suo corrispettivo, è insieme dichiarazione d'amore per il cinema nonché chiave di lettura per l'intera opera. Bertoncini ha dichiarato che questa è la "storia di un gruppo di ragazzi, di quello che erano, sono e sperano di diventare, mentre il passato e il presente si dissolvono ed il presente è presto sostituito da un futuro che prende nuova forma, proprio come l'immagine di una fotografia." Belle parole, che non trovano però riscontro nell'opera se non nel ricorso all'espediente tecnico della dissolvenza come metodo di transizione tra le scene. 

Il montaggio 
Il montaggio è tutto. Qui si salta, in modo fin troppo evidente, da un evento ad un altro, da una stagione astronomica e meteorologica ad un'altra senza una ragionata consequenzialità tra le scene che giustifica i cambiamenti. 

La colonna sonora 
Uso massiccio, e per questo fastidioso, di motivi di sottofondo e di musiche anglo-americane che spesso finiscono col soffocare le immagini. Musiche potenzialmente suggestive, non c'è che dire, ma che faticano ad inquadrare un periodo (quello degli esami di maturità) che invece ha spesso come colonna sonora canzoni sì banali e commerciali perché proposte a ripetizione da radio e tv ma sicuramente capaci, proprio per il fatto di essere conosciute ai più, di dare quel tocco generazionale che ad un lungometraggio di questo tipo non avrebbe guastato. 

La tecnica registica 
Un banco di prova. Non poteva essere altrimenti e non potevamo chiedere di più ad un attore ventenne che si cimenta per la prima volta in un lungometraggio. Ma se poi pensiamo ad un altro giovane esordio come quello di Marco Righi con I giorni della vendemmia (2010), opera dalla sobria e sapiente maestria tecnica girata in altrettanta penuria di mezzi, ecco allora che dobbiamo dire che questo lungometraggio si rivela tecnicamente acerbo, disomogeneo. Si passa da insistite inquadrature dal basso a carrellate improvvise, da primi piani poco evocativi a lunghi e stucchevoli ralenti. Bertoncini ha la frenesia di mettere in pratica un ampio spettro di soluzioni registiche che, insieme, tradiscono un'impulsività poco produttiva. Non mancano i calchi da altre pellicole, si pensi alla riduzione e successiva apertura del formato dell'immagine così come accade in Mommy di Xavier Dolan (film guarda caso recentemente arrivato in Italia), o alle sperimentazioni poco ragionate come gli improvvisi passaggi dal colore al bianco e nero per sottolineare i momenti di sconforto del protagonista. 

La recitazione 
Quasi tutti attori giovani provenienti dal mondo del teatro, credibili ma troppo spesso visibilmente intimiditi dalla macchina da presa. I cammei di attori navigati, come quello di Bob Messini, sono barlumi di cinema attenuati però da battute poco consone ai relativi personaggi. 

Le location 
Rischio di essere troppo di parte perché buona parte dell'opera si svolge nelle strade in cui sono cresciuto e in cui tutt'ora abito. Ciò che mi sento di dire è che non si può far partire il protagonista per un viaggio in solitaria e poi farlo camminare in mezzo ai campi della nostra provincia. 

All'uscita ho restituito il biglietto con una valutazione di tre "stelline" su cinque. Una media tra il risultato finale, acerbo e impulsivo, sia a livello di scrittura che a livello di tecnica registica, e la passione, la voglia di fare. Voglio però chiudere questa recensione aggiungendo che da un regista ventenne mi sarei aspettato molto di più sotto il punto di vista del coraggio autoriale, se non a livello tecnico almeno a livello contenutistico. Detto in altri termini, sono rimasto sorpreso dal non aver trovato traccia di riferimenti culturali forti, impliciti o espliciti che fossero.

martedì 13 gennaio 2015

Novità da Blockbuster - Solo gli amanti sopravvivono, YSL, Il fuoco della vendetta, In ordine di sparizione

Il fuoco della vendetta – Out of the Furnace 
di Scott Cooper
con Christian Bale, Woody Arrelson, Casey Affleck, Willem Dafoe 
Drammatico, 116 min., USA, 2013 
** ½ 

Ottima ambientazione, interessante ricostruzione del contesto socioculturale. Oltre a questo una storia troppo lineare che non riesce ad essere epica, in bilico tra The Fighter (David O. Russell, 2010) e I padroni della notte (We Own The Night, James Gray, 2007). Willem Dafoe perfettamente nella parte (finalmente!).

In ordine di sparizione (Kraftidioten) 
di Hans Petter Moland 
con Stellan Skarsgard, Bruno Ganz, Peter Andersson 
Commedia, 116 min., Norvegia, Svezia, 2014 
** ½ 

Storia di vendetta dall’ambientazione e dalle movenze nordiche che ricorda il minimalismo kaurismakiano. Ma qui manca il sottotesto poetico e troppi fattori inficiano il risultato finale (stonano i riferimenti alla mafia e la figura del Conte è troppo poco credibile).


Solo gli amanti sopravvivono (Only Lovers Left Alive) 
di Jim Jarmusch 
con Tom Hiddleston, Tilda Swinton, Mia Wasikowska, John Hurt 
Drammatico, 123 min., USA, 2013 
** 

Mi permetto di criticare Jarmusch. Lo so, non si potrebbe. Ma lo faccio, pur essendo conscio che le conseguenze potrebbero essere nefaste. Del resto criticare Jarmusch è un po’ come criticare Wes Anderson. Lo faccio dunque? Non lo so… Beh, mettiamola così: quest’opera è un puro esercizio di stile completamente sconnesso dai tempi (se non fosse per il riferimento, comunque stucchevole, ai vampiri riportato in auge da Twilight) dove sono state inserite divagazioni su arte e musica che possono risultare interessanti solo a sessantenni nostalgici o quindicenni rockettari. Ecco, l’ho detto.

Yves Saint Laurent 
di Jalil Lespert 
con Pierre Niney, Guillaime Gallienne, Charlotte Le Bon 
Biografico, 106 min., Francia, 2014 
* ½ 

Non c’è stile in questa retorica biografia su Yves Saint Laurent. Non c’è altro da aggiungere. Se non che potete recuperare piuttosto Valentino – The Last Emperor (Matt Tyrnauer, 2008). 
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